lunedì 14 gennaio 2013

CGIL: PATRIMONIALE PER FINANZIARE SPESA KEYNESIANA. ECCO PERCHE' NON FUNZIONA

Oggi la CGIL pubblica (io l'ho letta nel Corriere) la loro ricetta per salvare l'Italia. Meritorio che lo facciano, terrificante la ricetta. Spiego qui perche'.
La CGIL (e Fassina ed i giovani turchi e Vendola, ecc.) propone la seguente ricetta:

a) spesa keynesiana di politica industriale per 80mld di EUR
b) finanziamento per il 50% - 40 miliardi!! - con una bella ... Patrimoniale (il resto: 20mld da taglio spesa pubblica di cui 10mld dai trasferimenti alle imprese, 10mld da miglior utilizzo dei fondi europei, 10mld non ho capito da dove)

L'articolo fa una bella lista, molto 'politically correct', di iniziative di politica industriale da finanziare:

- green economy
- innovazione manifatturiera
- efficienza energetica
- agenda digitale
- infrastrutture
- prevenzione antisismica
- messa in sicurezza edilizia scolastica
- riorganizzazione ciclo rifiuti
- diffusione banda larga
- percorsi turistici integrati
- trasporto pubblico sostenibile
- sviluppo rurale

Prima domanda: ma se sono cosi' bravi a creare lavoro ed a vedere delle opportunita' di creazione di aziende che fanno soldi, ma perche' non se le creano loro le aziende, invece di rompere i Camilleriani cabasisi a noantri???
Rispondono: ma per fare questi mega-progetti ci vogliono tanti soldini. Si, Ciao ... Bella Ciao!

Ma a parte questo commento che mi sgorgava potente dal profondo, il problema principale e' che questi brillanti economisti non hanno capito perche' le politiche keynesiane non possono piu' funzionare in Italia. Mi spiego.

Il funzionamento di politiche forti di spesa pubblica (ad es. il Piano Marshall post-guerra in Europa o il New Deal di Roosvelt) nasce dal fatto che la spesa pubblica si moltiplica (sulla base del famoso - per gli economisti - moltiplicatore keynesiano). Ovvero, lo stato spende 100 e li distribuisce all'economia in qualche modo, chi li prende li ri-spende, ed a sua volta chi incassa ri-spende e cosi' via. Questo effetto di incasso e ricircolo del denaro, fa si' che l'impatto sul PIL non sia pari a quanto speso originariamente, ma sia piu' alto (diciamo 150, con un moltiplicatore keynesiano di 1,5).

Bene. Adesso provate a rispondere alla seguente domanda: secondo Voi il moltiplicatore keynesiano e' una variabile statica, fissa, calata dall'alto dal nostro Signore onnipotente, oppure varia a seconda di altre variabili economiche, come - a mero titolo di esempio - il livello del debito pubblico?
Le politiche economiche citate sopra, tra parentesi, hanno funzionato alla grande , ma lo sapete voi quale era la presenza del pubblico nella economia degli Stati Uniti prima del piano Roosvelt (1937)? Stiamo parlando di meno del 5%!!!!

Quello che io sostengo e' semplicissimo. Se il debito pubblico e' del 30% in una economia e tu fai una bella manovra keynesiana di 5 punti (INTERAMENTE FINANZIATA DA DEBITO E QUINDI SENZA TASSE), il debito va al 35%. Nessuno pensa che lo stato vada a gambe all'aria per quella manovra e chi si prende i soldi li spende, eccome se non li spende!! Ed il moltiplicatore keynesiano e' ALTO.

Se fai la stessa roba in Italia, dove la fiducia nel pubblico e nei politici e' con il segno meno davanti, la gente pensa che la probabilita' che lo stato fallisca aumentera' come risultato di queste brillanti intraprese keynesiane e, di conseguenza, i soldi in piu' che circolano li RISPARMIA, pensando che la probabilita' di prendere una pensione si sia improvvisamente ABBASSATA. Se io ho ragione indovinate un po' che cosa succede al moltiplicatore keynesiano? Potrebbe anche finire con l'essere inferiore ad 1? Secondo me SI'.

In tutto questo, quei folli-statalisti-e-sovietici-nell'anima della CGIL (ed dei giovani turchi di Fassina) vogliono finanziare questi investimenti con nuove tasse al 50% e con altri tagli di spesa pubblica per il restante 50%: prendono da un lato e danno dall'altro. Quindi si assume che se tolgo il 50% al privato (40mld di EUR!) e lo metto in mano al pubblico, che lui si' che sa come spenderlo, riesco ad avere una produttivita' piu' elevata. Cioe' la CGIL pensa davvero che il settore pubblico italiano sia in grado di spendere quei 40mld di EUR meglio del settore privato, tanto meglio da fare improvvisamente far ripartire l'Italia. Avete Capito?

Non solo la ricetta keynesiana fallirebbe per i motivi di cui sopra (il 50% degli Italiani si metterebbe le mani ai capelli correndo a risparmiare e portare i soldi fuori dall'Italia), ma la nota capacita' del settore pubblico italiano di spendere i propri soldi si concluderebbe con uno sperpero di proporzioni epocali!

Meditate gente, meditate ...

giovedì 10 gennaio 2013

Stato Sociale all'italiana, ovvero come i sessantottini ci hanno fregato


Pur essendo molto liberale io non sono contro lo Stato Sociale, se questo e’ congegnato per dare pari opportunita’ ad ogni individuo. Ad esempio, ritengo che una buona scuola pubblica (ed attenzione in Italia, nonostante tutto ce l’abbiamo ancora) ed una sanita’ parimenti aperta a tutti siano punti fermi nel concedere pari opportunita’.
Ma qui il problema e’ che dietro la parola Stato Sociale in Italia si e’ perpetrato un grande imbroglio generazionale. Lo Stato Sociale e’ quella foglia di fico con cui abbiamo concesso baby pensioni ad una generazione di sessantottini, che tanta voglia di lavorare, diciamolo, non ce l’avevano proprio. Pensate alla bandiera di quel ’68, il SEI POLITICO! Mettetelo in prospettiva nei tempi odierni, dove i nostri figli devono farsi un mazzo al cubo a scuola per poter competere con gli agguerritissimi asiatici e dove noi dobbiamo pagare le tasse per pagare le baby pensioni a questi grandi lavoratori.
MA SCHERZIAMO??
Qui c’e’ una generazione che ci ha preso per i fondelli, diciamolo. Non c’avevano voglia ne’ di lavorare, ne’ di competere, hanno pensato che la ricchezza venisse giu’ dagli alberi e non venisse prodotta da anni ed anni di sacrifici ed investimenti. Hanno gonfiato il debito pubblico a dismisura concedendosi pensioni generose che noi non vedremo neanche con il lanternino, hanno assunto vagonate di dipendenti pubblici inutili, spendendo il denaro pubblico in spese correnti poco produttive. Hanno creato il mostro del debito pubblico che adesso grava sulle nostre spalle!
E quando hanno scoperto che la ricchezza non cade dagli alberi, che hanno fatto? Hanno fatto mea culpa e sono tornati indietro? NO, si sono chiusi nelle nuove corporazioni degli anni 2000, i sindacati, che guarda un po’ sono fatti al 50% da pensionati! E lottano per il conservatorismo e dietro la bandiera dell’Italia giusta perche’ toglie ai ricchi per dare ai poveri, ci rimetteranno le mani nelle tasche. 
Andranno a colpire chi e’ piu’ onesto e piu’ bravo, perche’ quelli che pagano piu’ tasse in Italia sono tutti i professionisti onesti (visto che dichiarano lauti guadagni) e bravi (perche’ guadagnano tanto). Si andra’ a favorire chi non ha investito nel proprio futuro con gli studi e la preparazione, chi e' meno ambizioso e si e' sbattuto di meno e quei furbi che non dichiarano quanto guadagnano, che si vedranno, addirittura, ridurre le poche tasse che pagano.
E non accetto la demagogia degli ultimi e dei poverelli!! Non confondiamo l’assistenza sociale per chi non ha i mezzi perche’, ad esempio, malato, con chi sta benissimo e potrebbe darsi da fare per rimediare alla sua situazione di insussistenza o di scarso guadagno. Non c'e' dubbio che chi non ha la possibilita' di competere debba essere assistito, ma chi sta bene e puo' lavorare deve darsi da fare, punto.
Lo Stato qui, nel principio delle pari opportunita’, dovrebbe offrire a chi ha perso il lavoro, la possibilita’ di ri-formarsi e ritornare a lavorare. E questo va benissimo, ma non e' giusto penalizzare in maniera sistematica e strutturale chi ha piu' successo per chi ne ha di meno, non esiste.
Che siano i ricchi a dover pagare i poveri, sulla base di una concezione di equita' truffaldina, e’ roba da Soviet supremo.
Meditate gente, meditate ...

domenica 30 dicembre 2012

Equa Redistribuzione?

In questi giorni il PD ha lanciato il suo mantra socio-economico 'bisogna togliere a chi ha di piu' e dare a chi ha di meno'. Come poter non essere d'accordo con una affermazione del genere? Noi Italiani, di formazione cattolica, volenti o nolenti, ce l'abbiamo nell'anima un concetto simile di equita', da libro Cuore, di profumo robinhoodiano. Ah, che bello, facciamo del bene, diamo a chi ha di meno.
Ed invece io non sono d'accordo, ritengo che il concetto, equo in termini statici (la ricchezza esiste), possa essere profondamente iniquo e devastante, se si riconsidera il concetto in termini dinamici (la ricchezza va prodotta). Mi oppongo sia all'equita' del concetto sia alla sua 'efficienza'


EQUITA'
Giovanni ed Andrea sono due compagni di classe Il primo e' un fannullone e furbacchione, il secondo e' un ragazzo studioso, serio e competente. Andrea diventa ingegnere e poi imprenditore, crea moltissimi posti di lavoro, paga le tasse ed accumula una piccola fortuna. Giovanni diventa un sottufficiale della Marina, si crogiola nella furbizia, usa trucchi e trucchetti di ogni genere per prendere qualche lira in piu' e va in pensione con 19 anni 6 mesi ed 1 giorno di lavoro (siamo ad inizio anni 90 quando ancora si poteva fare). Quando in pensione, Giovanni fa anche altri lavori, arrotondando.
Andrea guadagna molto piu' di Giovanni, paga le tasse ed i contributi e lo Stato ri-utilizza in parte i proventi anche per re-distribuire a Giovanni, il suo compagno di classe furbo e fannullone. Andrea ha di piu', e lo Stato prende a lui, per dare a chi ha di meno, Giovanni. Il concetto di cui sopra e' applicato!
Ma, tutto cio' e' equo? (per inciso, faccio presente, che, sebbene non si possano sottoscrivere nuove baby-pensioni, quelle pensioni le paghiamo ancora ed in toto)

E' ovvio che il caso di cui sopra sia un paradosso, ma io pongo una questione piu' generale. E' equo dare a chi ha di meno, oppure e' equo garantire che chi merita abbia di piu' senza che questo sia una colpa? Cosa e' equo e giusto, trasferire dai ricchi ai poveri senza porsi la domanda di come i ricchi siano diventati tali? Oppure bisogna 'correggere' il concetto di equita' per una componente di merito?

E' equo togliere a chi ha di piu' e dare a chi ha di meno, oppure utilizzare le risorse pubbliche per garantire parita' di opportunita'? Non e' piu' equo assicurare che ogni individuo abbia lo stesso punto di partenza e che si protegga solo chi non puo' avere parita' di opportunita' (perche' ad esempio affetto da malattia grave)?
La vogliamo smettere con concetti di equita' da 1800?

EFFICIENZA
Se voglio dare a chi ha di meno, mi pongo in realta' l'obbiettivo di far stare meglio chi sta peggio, giusto? Bene, io penso che spingere il concetto di 'equa re-distribuzione' ai suoi massimi termini abbia in realta' l'effetto opposto di impoverire sia chi ha meno che chi ha di piu'. Si', penso che la re-distribuzione possa essere talmente inefficiente in termini economici, da impoverire tutti e far stare ancora peggio gli ultimi, ottenendo il risultato opposto di quello che si voleva originariamente perseguire.

Mi ricollego al concetto di equita' di cui prima. Se io premio chi e' piu' povero sistematicamente, allora creo un incentivo a chi e' stato meno fortunato, o meno volenteroso, a non reagire alla sua condizione. Allo stesso tempo, creo un disincentivo a chi ha avuto fortuna, o e' stato bravo, a fare ancora meglio.
Ancora, se tolgo risorse a chi e' ricco (e magari bravo) e le do' a chi e' povero (che per una ragione o un'altra le proprie carte non le ha giocate), corro il rischio di creare un meccanismo che e' sistematicamente inefficiente: porta le risorse dove rendono di meno. Questo trasferimento e', in poche parole, inefficiente da un punto di vista economico. Se si trasferisce troppo, si rischia di minare l'efficienza del sistema, si rischia di bloccare la crescita, perche' le risorse disponibili sono usate da chi non ha capacita' produttiva.
Questo non e' equo, ne' bello, ma l'economia funziona cosi': se le risorse vanno a chi le fa produrre, la ricchezza aumenta. Se vanno nelle mani di chi i soldi li butta via, quelle risorse non vengono investite e non producono ricchezza futura. It's the economy, stupid!
Questo blog ha uno scopo. In Italia assistiamo oggi ad una lista di luoghi comuni ideologici che, ahime', sono ancora molto diffusi ed hanno presa su tanti. Voglio creare un luogo di discussione in cui si cerchi di superare il luogo comune, si vada oltre il 'pensiero di massa' e si mettano in discussione, senza pregiudiziali, argomenti anche molto popolari, che, in realta', possono avere degli effetti molto negativi nel lungo termine e contrari agli scopi iniziali.
Iniziamo con il concetto di 'equa redistribuzione', 'togliere a chi ha per dare a chi non ha'